martedì 15 dicembre 2009

Il voto presidenziale e la giovane età della democrazia romena

Con l'occasione delle reenti elezioni per il rinnovo della carica della presidenza della repubblica (vedi il mio blog del 15 novembre scorso) si è svolto uno scontro risolutivo tra poteri politici: da una parte Traian Basescu, presidente uscente, che spesso ha operato ai limiti delle sue prerogative, e il candidato Mircea Geoana, appartenente al partito socialdemocratico che tuttora detiene un forte controllo territoriale del sistema amministrativo locale, con persino ancora elementi del vecchio regime comunista (e i suoi legami clientelari). La situazione sembrava abbastanza chiara, con Geoana destinato a vincere nelle urne, risultato di un voto non tanto di fiducia nei suoi confronti quanto piuttosto di sempre più scarso favore per la politica perseguita negli ultimi anni dalla maggioranza moderata, così come per la conflittualità perseguita dallo stesso Basescu nei confronti del parlamento romeno. Tuttavia, tra i 2 il più debole (Basescu) ha saputo giocare le sue carte con maggiore accortezza; o piuttosto, Geoana, dato largamente favorito, ha peccato di presunzione e sicurezza, dando per scontato un risultato che invece non lo era. Lo si è visto dall'esito delle urne il 6 dicembre, quando Basescu è risultato il vincitore con una percentuale minima (appena pochi decimi, corrispondenti ad alcune migliaia di schede a lui favorevole). Nemmeno il ricorso dei socialdemocratici alla Corte costituzionale per un nuovo scrutinio parziale che interessasse le schede nulle e bianche è servito: l'esito è stato confermato all'unanimità ieri... uno degli errori compiuti da Geoana al di là della sua eccessiva sicurezza, è indubbiamente stato quello di non aver pienamente consderato il peso del voto dei romeni all'estero; questi probabilmente meno condizionati dalla retorica propagandistica interna, hanno comunque visto in Basescu un esponente più moderato, di certo non legato al passato, con un'immagine di certo più moderna ed "europea",magari più simile a certi politici occidentali. E, i romeni emigrati che hanno mantenuto il legame con il proprio paese (e il diritto di voto) non sono pochi, almeno 2,5 milioni: un numero che ha pesato in maniera determinante nell'urna.

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