mercoledì 18 aprile 2012

Sempre più critica la situazione in Macedonia. La comunità internazionale deve assumersi le proprie responsabilità


Ciò che siamo vivendo in questi giorni è una nuova escalation del sempre irrisolto problema macedone. Gli accordi di Ohrid del 2001, fortemente voluti dalla comunità internazionale (e in primis da USA e UE), si erano del resto presto rivelati una valida operazione di architettura teorica dalla difficile applicazione nel paese da poco diventato indipendente; gli equilibri territoriali/amministrativi definiti avevano infatti creato le condizioni per il mantenimento di una situazione precaria ed effimera delle due etnie maggioritaria, la slava-macedone e l'albanese, che avevano negli anni successivi periodicamente manifestato momenti di attrito e tensioni tra i due etno-nazionalismi alternativi a un ignorarsi a vicenda.
L'illusione internazionale che si fosse giunti a una valida soluzione sta ora franando; mentre ci si preoccupava (male) del vicino problema del Kosovo, la perdurante crisi economica di un paese povero e dalla difficile transizione, l'accentuarsi delle rivendicazioni di parte e della reciproca sfiducia tra etnie, i recenti atti di violenza hanno minato l'illusorio e fragile equilibrio che aveva retto negli ultimi anni in Macedonia.
Da più parti si è finalmente riconosciuto il fattore di crisi, e si comincia a paventare il rischio "di uno scenario kosovaro" con un brusco deterioramento della situazione sociale, con una rottura che potrebbe portare a forme di ribellione ancor più violenta dell'etnia albanese e al timore di una reazione da parte delle strutture dello stato, dalla difficile gestione e dalle ancor più oscure conseguenze.
Su tutto ciò ha pesato e continua a pesare i problematici rapporti con le organizzazioni euro-atlantiche, gli ostracismi di molti paesi all'accesso all'UE e in particolare il vincolo posto dalla Grecia all'entrata di Skopje anche nella NATO a causa della denominazione del paese. Se ciò fosse avvenuto in questi anni, specie nel caso dell'Alleanza atlantica l'iter è congelato dal 2009, fuor di dubbio la scelta avrebbe rappresentato un forte elemento collante oltre che di garanzia politica al sistema interno del paese.
Intervenire politicamente per interrompere l'attuale spirale appare al momento urgente, soprattutto da parte internazionale, con precise prese di posizione (sblocco del problema relativo al nome e riconoscimento dello status macedone, avvio dell'iter di adesione all'UE, entrata nella NATO) che favoriscano un'effettiva integrazione anche formale della Macedonia nella comunità, poiché lo scatenarsi di forze negative avrebbe tragiche ripercussioni a livello regionale sud-est europeo sui fragili equilibri esistenti in alcuni paesi limitrofi.


Un'ultima considerazione. Dopo la crisi bosniaca e la mancata soluzione del problema macedone, ha ancora senso parlare di stato multietnico o è un concetto superato ?

lunedì 2 aprile 2012

La BEI sempre piu' attenta alle PMI


La BEI - Banca europea per gli investimenti  ha garantito nel corso del 2011 linee di credito al settore delle PMI europeo per 13 miliardi di euro; oltre 120 mila le imprese beneficiarie. Complessivamente, nel solo 2011 l'attivita' della BEI (infrastrutture di trasporto, energia, servizi vari, ecc.) ha raggiunto i 61 miliardi investiti in una settantina di paesi.
I 13 miliardi di euro alle PMI rappresentano una cifra record che, secondo il management della banca, dimostrerebbe tutta l'attenzione dedicata alle imprese europee, specie in una fase delicata come quella che esse stanno vivendo. In questo modo l'intenzione e' di incidere positivamente sul difficile mercato del lavoro europeo, che vede poiche' esse assorbono oltre i 2/3 dell'occupazione europea. La BEI professa di voler dedicare un particolare scrupolo al settore delle micro-imprese.