domenica 23 gennaio 2011

Ancora irrisolta la crisi sistemica albanese

Era inevitabile che accadesse: elezioni che "puzzavano" fortemente di brogli (anche se la comunita' internazionale ha preferito guardare dall'altra parte), una politica fortemente centralizzata e clientelare (i famosi clan albanesi), interessi gestiti in maniera personale e di certo non esclusivamente avendo in vista il bene del paese (in cio' c'entra anche l'Italia), le molte promesse alla popolazione che adesso si ritrova in condizioni sempre peggiori (redditi piu' bassi, aumentano i disoccupati, prospettive ... ????) e una situazione economica sempre piu' preoccupante (il PIL in crescita e' poco piu' di uno specchietto per le allodole...). Senza scordare l'approssimarsi delle elezioni amministrative (compreso il rinnovo del sindaco di Tirana) ....
Dal crollo del regime di Hodza, la stabilita' politica del paese e' sempre stata un'utopia, uno scontro a due tra democratici (cioe' Berisha) e socialisti che hanno occupato per oltre 20 anni la scena del paese; uno scontro di potere piu' che politico, per il puro controllo del paese ai vari livelli. Forte in cio' la responsabilita' esterna, che ha spesso accantonato ogni approccio critico a favore degli interessi regionali; in particolare va individuato il supporto (cieco) degli Stati Uniti, teso anche a incrinare la gia' di per se' debole azione UE nella regione balcanica. Basti pensare alle presisoni di Washington affinche' tutti i partner accettassero l'entrata dell'Albania nella NATO.
Ma che garanzia di sicurezza puo' dare un simile paese ? di un paese che da' ordine di sparare sui cittadini che stanno (pacificamente) protestando ?
E senza una vera stabilita' politica non ci saranno mai vere riforme economiche, capaci di trasformare il paese ed elevarlo verso gli standard europei.
Di questo passo l'Albania non entrera' nell'UE nemmeno a calcioni.
E le conseguenze continuera' a pagarle la popolazione.

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